di Álvaro Brechner (2018)
Uruguay, 1973. In piena dittatura militare tre dissidenti del movimentino di liberazione vengono arrestati. Da qui l'inizio di un disumano e angosciante incubo, un programma militare segreto con l'obbiettivo di portare i tre detenuti alla pazzia. Imprigionati in celle di massima sicurezza sempre diverse (per disorientarli) e in spazi sempre più piccoli verrano torturati, privati di luce, denutriti, isolati da ogni contatto esterno. Per 12 anni.
Il regista Álvaro Brechner, che è anche sceneggiatore, ci descrive in maniera chiara e struggente il senso della vita al netto di tutto, quando ogni limite è stato oltrepassato, quando un solo raggio di sole o una boccata d'aria diventando il più grande desiderio. In fondo a questo abisso di disperazione l'unico motivo per riuscire ad aggrapparsi alla vita non è qualcosa ma qualcuno: il ricordo che diventa speranza di poter rivedere la persona amata. Conosciamo la storia e fortunatamente alla fine arriverà la democrazia e i tre protagonisti diventeranno rispettivamente Ministro della Difesa, scrittore e Presidente dell'Uruguay. Un appassionante film civile, di grande coraggio e speranza.
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